Brutta tegola in casa Nintendo. La sentenza di primo grado per una causa di violazione di un brevetto ha condannato il colosso nipponico dei videogiochi a rimborsare l’equivalente di 30,2 milioni di dollari a Seijiro Tomita, un inventore che, a suo dire, avrebbe ideato una tecnologia utilizzata nel recente 3DS. La questione va avanti già da un po’ e ricorda da lontano la vicenda legale che ha riguardato Facebook.
In pratica Tomita sarebbe stato contattato dalla Nintendo diversi anni fa, quando la casa produttrice aveva intenzione di realizzare il successore del DS. Nella rosa degli ingegneri contattati c’era anche lui, il quale ha presentato la sua invenzione che prevedeva il marchingegno che permette di giocare in 3D su una console portatile senza l’apporto degli occhialini tradizionali, ma all’epoca fu scartato. Una volta uscita la console però, Tomita si è accorto che funzionava esattamente con l’invenzione che lui stesso aveva presentato ai vertici Nintendo, e per questo li ha denunciati per la violazione del brevetto.
Ieri il giudice in primo grado ha dato ragione a Tomita e condannato la Nintendo a risarcirlo. Gli avvocati del colosso però sono tranquilli, dato che in secondo grado pensano di vincere e vedersi restituiti quei soldi. Secondo loro infatti, anche se le due tecnologie si somigliano, non c’è nessun componente o altro che possa essere collegato all’invenzione di Tomita, almeno nelle parti fondamentali, e per questo non ci sarebbe alcuna violazione del brevetto.
Non sarebbe la prima volta che una casa produttrice di console viene condannata per una violazione simile. Di recente anche la Microsoft è stata condannata in Germania, mentre come già citato prima, pure la “genesi” di Facebook assomiglia molto a questa storia. La domanda è: possibile che due o più inventori arrivino contemporaneamente sulla stessa scoperta? Dopotutto è accaduto duecento anni fa con il telefono, può accadere anche oggi con la tecnologia 3D.