Resta ancora da capire perché, in questa nostra epoca, la violenza all’interno di qualsiasi media sia vista come un’attrattiva, mentre – se raccontata dai videogiochi – sia diseducativa, spaventosa e disturbante per i più giovani.
Ce lo chiediamo, sopratutto, nel riferivi la notizia che, in Inghilterra, lo spot di Call of Duty: Modern Warfare 3 è stato sottoposto ad alcune limitazioni di orario per la sua trasmissione televisiva, dal momento che – a detta degli enti competenti – sarebbe di turbamento per i bambini.
È stata la Advertising Standars Authority (ASA, l’ente incaricato di verificare i contenuti delle pubblicità e la loro idoneità per i diversi target di pubblico) ad emettere il verdetto: mostrando scenari di guerra, di soldati che ingaggiano l’azione, di continui spari, deflagrazioni ed una New York asserragliata dalla guerra, lo spot di Modern Warfare 3 sarebbe di turbamento ai bambini che guardano la televisione. Per questo motivo, l’ASA ha invitato le emittenti a limitarne la trasmissione ad orari successivi alle 19.30, quando il pubblico di minori è inferiore rispetto al resto della giornata.
Come dicevamo in apertura, insomma, rimane insoluto il quesito che si domanda – legittimamente – perché i videogiochi vengano sempre demonizzati maggiormente rispetto agli altri media, qualora contengono violenza. Ad oggi, infatti, non ricordiamo di aver mai sentito parlare del trailer di un film costretto ad abbandonare la fascia protetta dei palinsesti solo perché mostrava scene d’azione o soldati impegnati in scontri a fuoco.
Non saremo di nuovo innanzi ad uno dei casi in cui la pubblicità dei videogame è vista come indirizzata ad un pubblico di minori – ossia davanti all’ennesimo caso in cui i videogiochi sono considerati intrattenimento per bambini, e per questo motivo uno spot violento ad essi dedicato è inaccettabile?
Fermo restando che Call of Duty: Modern Warfare 3 ha già dimostrato di non necessitare di ulteriore pubblicità, visti i risultati delle sue vendite, rimane la perplessità.